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Immagine del redattoreElisabetta Scaramelli

EDITING: ARGOMENTO DI DISPUTA TRA SCRITTORI EMERGENTI

Aggiornamento: 5 giu 2020

Cos'è un editor?

Molto spesso la figura dell'editor è confusa con un'altra figura: il correttore di bozze.  In verità la differenza tra le due figure è sostanziale, perché se il secondo si occupa della correzione di un testo, il primo, invece, oltre a correggerlo, lo analizza per cercare eventuali fratture, difetti che lo rendono poco scorrevole e poco comprensibile.

Prima di scegliere se far editare o no il nostro "bambino" dobbiamo capire se siamo pronti a tutto, perché un editor bravo che vuole migliorare la nostra creatura potrebbe apparire inizialmente un essere spietato, che lo fa a pezzi e poi ce lo fa ricostruire - se siamo abbastanza intelligenti e modesti da affidarci ai consigli di un professionista -, ovviamente solo allo scopo di migliorarlo e renderlo più appetibile. Non tutti hanno la modestia (o il coraggio) di sopportare una tale violenza, pertanto molti preferiscono affidarlo a persone che - vuoi per amicizia, vuoi per incompetenza - alla fine ti illudono che il tuo lavoro è perfetto e pronto per la pubblicazione.


E' davvero necessario l'editing?

Sarebbe cosa buona e giusta ricevere pareri di gente obiettiva e poco interessata a gonfiare il nostro ego. Un inedito dovrebbe essere letto da amici e parenti, da persone che leggono molto e da persone con esperienze nel campo dell'editoria. Bisogna assolutamente capire se la trama scivola come l'olio, se è abbastanza coinvolgente e soprattutto dissimile da tante altre.

Se si vuole sfondare come scrittore, non ci si può permettere di pubblicare un libro senza i dovuti accorgimenti, senza adeguate correzioni, senza aver prima ricevuto un giudizio obiettivo da parte di - faccio un esempio legato alla mia esperienza - un editore in pensione o un giornalista o un qualunque soggetto con qualche anno di esperienza alle spalle. Un primo errore potrebbe far saltare in aria anni di sogni accumulati nei cassetti, e noi sognatori non vogliamo che accada.

Di seguito ci si dovrebbe affidare a un editor a pagamento - di quelli bravi, per carità, mai a uno che si crede un dio e poi ti mette le D eufoniche "perché fanno poetico" (esperienza personale).


Breve storia triste: lui era un bravo scrittore, ma era povero di mezzi.

Sapete quanto costa un editor? Qualcuno chiede anche 3 euro a cartella, e se siete bravi in matematica e avete scritto un bel romanzetto di 300 cartelle... Su, calcolate!

Quando avete un testo tra le mani e fremete dalla voglia di pubblicare - perché siete sicuri  di averlo corretto mille volte e non avete riscontrato intoppi nella narrazione -, si inizia a mandarlo ovunque, con la speranza che anche a voi capiti quel colpo di fortuna che oltre alla pubblicazione vi fa guadagnare anche una bella grafica, una bella impaginazione e soprattutto l'editing gratuito. Ma per certe persone quel colpo di fortuna non sembra arrivare mai, per esempio per quegli scrittori che si ostinano a trattare argomenti che alla massa non sono graditi e che usano un linguaggio ricco, infiorettato, fondato sulla continua ricerca di sinonimi e contrari che molti scrittori emergenti non si curano di andare a riesumare (su questo poi ci ritorneremo con un altro articolo).

Per farla breve, quando non si ha la fortuna di essere scelti da una Casa editrice non a pagamento, si usa qualunque mezzo pur di vedere sul web - o tra le mani - la propria creatura e ci si affida ad Amazon o ad altre "aziende" che offrono molte scelte - traduzione, correzione, grafica, impaginazione, - ma tu sei più povero di un eremita indiano e passi al faidatè (che non sempre fa per tre).

A proposito di Amazon, io ho iniziato proprio così e non me ne sono mai pentita. E' un buon trampolino per chi sa nuotare, altrimenti si può sperare sempre di trovare un salvagente nelle vicinanze. Il self publishing è un'ottima opportunità per chi non ha voglia di attendere risposte o per chi non ha un centesimo da investire nella pubblicazione, resta il fatto che autopubblicarsi non basta per dirsi scrittori - o meglio, bravi scrittori. L'autopubblicazione è un'arma a doppio taglio che mette in vetrina milioni di imbrattacarte, di cui molti privi di talento, per questo chi si autopubblica viene quasi sempre guardato di traverso, come se fosse il cugino povero dello scrittore affermato (che ha pagato). Ritengo che tra i selfpublisher ce ne siano di talentuosi, mentre tra gli scribacchini che hanno pagato 5000 euro ce ne siano di insignificanti. Comunque sia, non tutti i lettori hanno la volontà di aprire la mente e capire la qualità dietro un lavoro; molti si affidano alle chiacchiere, al passaparola, a quel logo che - erroneamente - stabilisce chi sia il professionista.

A tal proposito, resto coerente con quanto detto sopra: se vogliamo che un'opera autopubblicata con un minimo investimento o gratuitamente sia considerata, abbiamo il dovere di imporre qualcosa di nuovo, di non rimescolato, scritto con un linguaggio potente e nel contempo scorrevole, senza vergognarci di riesumare parole desuete o temere il giudizio di chi ci accusa di essere "antichi".


Concludo con un po' di cianuro.

Nei gruppi di emergenti che frequentavo capitava sempre che qualcuno tirasse in ballo l'argomento editor. Qualcuno lo faceva per tirare l'acqua al proprio mulino, qualcuno lo faceva perché aveva pagato profumatamente una Casa editrice per pubblicare, qualcun altro perché voleva ostentare tutto il suo riguardo verso l'innocente categoria dei lettori, i quali hanno il diritto di leggere solo il meglio del meglio - come se il meglio del meglio fosse un romanzo strapagato, stracorretto da un editor e soprattutto strapubblicizzato.

Proprio qualche giorno fa ammetto di essere stata io a richiamare l'attenzione dei membri con un post provocatorio in cui chiedevo cosa dovesse fare un povero scrittore senza mezzi a effettuare un editing. Le risposte sono state perlopiù le stesse. Tutti consigliavano di provare con le CE non a pagamento, di attendere e accumulare abbastanza denaro per pagare l'editor, qualcuno consigliava di abbandonare il proprio sogno, qualcuno tirava in ballo il diritto del povero lettore di leggere solo romanzi di un certo calibro. Alla fine ho sommato i commenti e ho dedotto che almeno 2/3 di questi membri avevano solo mentito allo scopo di apparire gli scrittori professionali e seri che in realtà non credo siano.


  • senza l'editing il romanzo non può dirsi adatto alla pubblicazione (risposta di una beta reader/correttore di bozze/editor improvvisata che corregge i testi degli altri, lascia gli errori nei suoi, giudica aspramente i lavori altrui e soprattutto non paga un editor prima di pubblicare, perché lei è troppo brava per affidarsi a terzi).

  • non editare manca di rispetto ai lettori (detto da uno scrittore che ha avuto un colpo di fortuna indicibile, ma che, malgrado la sua presunzione senza limiti, propone dei testi con un dizionario molto limitato).

  • non editare è sintomo di poca professionalità (detto da una - e qui mi vien da ridere - che corregge da sé i propri testi perché ha fatto il corso online per editor). 

  • si deve editare per forza, altrimenti, se non si hanno i mezzi, bisogna attendere o sperare in una CE non a pagamento (che poi è bellissimo immaginarsi vecchi, con la flebo e la carrozzella, mentre si autografa il proprio libro. Bisogna pazientare, non si può pubblicare frettolosamente, tanto, se la fortuna non ti è avversa e hai la possibilità di arrivare a ottant'anni, puoi salutare i tuoi lettori anche da un polmone d'acciaio).


Ho deriso senza cattiveria qualche soggetto, ma non provo astio nei confronti di chi ha dei limiti così inspessiti da impedire una visione ampia. Fare del sarcasmo su questo argomento è un modo per esorcizzare il timore di scivolare nel rancore. Peace&Love.

Lo scrittore del terzo punto è l'editor di se stesso, ossia corregge da sé i suoi scritti perché ha pagato per avere una qualifica. Ma vi assicuro, e questo lo può confermare ogni editor serio, che editare non lo si fa col diplomino in mano, lo si fa dopo anni di correzioni, anni di lettura, anni di esperienza. Difatti ci sono tanti editor che fanno meravigliosamente il loro lavoro, malgrado non abbiano mai avuto la qualifica per farlo. Con questo non voglio dire che i corsi sono inutili. Credo fortemente che un buon corso, ma anche più corsi, sia un modo per migliorarsi e giudicare i testi con un occhio diverso da quello dello scrittore, per guardare prevedendo la reazione del lettore e aggiungere o togliere ciò che al lettore potrebbe sembrare superfluo o necessario.  Lo scrittore non vedrà mai i propri errori, neanche dopo centinaia di letture ad alta voce. E' un nostro limite, non un segno di incapacità. Il nostro lavoro dev'essere letto con attenzione da altri, e non importa se questi altri sono pagati o leggono la tua creatura per il piacere di farlo, ciò che importa è capire le falle e porre rimedio prima della pubblicazione.

Per quanto mi riguarda, col tempo ho capito che il lettore è il miglior giudice. Bisogna ascoltare il lettore, bisogna avere la modestia anche di modificare il nostro testo sulla base dei suoi consigli (ovviamente se riteniamo che sia un lettore forte, una persona capace di comprendere). Prima di pubblicare ho regalato il mio libro a diverse persone (docenti di latino e greco, giornalisti, ex editori, ex editor, correttori di bozze, ma anche a persone prive di questi titoli), ho ascoltato per ore le loro opinioni e ho compreso i punti forti e deboli del mio romanzo. Ho imparato a leggere da lettore e non da scrittore, e questo ha portato solo benefici alle mie opere.


Concludo. Ultimamente sono impegnata in una lettura che presenta dei salti temporali, delle fratture che impediscono al testo di scorrere fluidamente (o almeno così lo percepisco). Se fosse stato scritto da un povero scrittore emergente, un libro dotato di questa struttura sarebbe stato un colpo al cuore per un editor, eppure parliamo di un grande autore italiano che per me scrive meravigliosamente. Qui entra in scena un altro elemento: lo stile.

A volte non si tratta di difetti, si tratta di peculiarità proprie di un romanzo, di scelte dell'autore, e sta al lettore (il più grande critico) comprenderne il valore. Capita che un romanzo appaia come una partita a tennis. Ci fa andare a destra e a sinistra con la mente e a volte ci blocchiamo per riflettere, per arrotolare il gomitolo, per trovare il filo. Bene, questo è lo stile cinematografico, ossia uno stile che l'autore impone e che non merita di essere aspramente giudicato. Non esiste sempre il solo e unico protagonista in mezzo alle comparse (immaginate la telecamera che mette a fuoco il protagonista e tutto il resto è sfocato), a volte la telecamera saltella da un attore all'altro, le descrizioni passano da un personaggio all'altro. Non è incompetenza. Questa è una scelta motivata dalla necessità di dare spessore a tutti, anche alle comparse, e far percepire al lettore una certa situazione secondo più punti di vista.


Continuo ancora a pormi una domanda, malgrado abbia avuto risposte di ogni sorta: la passione dev'essere spenta perché non ci sono i mezzi? Lo scrittore senza l'ambizione del misero guadagno, che vuole raccontare nei libri ciò che la società attuale gli impedisce di dire, deve rinunciare ai suoi sogni solo perché non può pagare?

Consiglio:  che tu abbia i soldi o no, possiedi comunque una grande ricchezza. La creatività è un dono che non tutti hanno e sono del parere che bisogna combattere per affermarla, a costo di sbagliare, rischiare, mandare all'inferno tutti i sogni nel cassetto. Amazon potrebbe essere un buon trampolino. E' gratuito, offre la possibilità di stampare a poco prezzo i propri libri da regalare agli amici e ai parenti, in cambio di un parere obiettivo. Quel tentativo potrebbe farti abbandonare la tua passione o gonfiartela nel petto fino a soffocarti. C'è tempo per realizzare i propri sogni. L'età non dev'essere un impedimento, ma, personalmente, rimpiango di non aver pubblicato una decina di anni fa quello che ho pubblicato solo di recente. Ho dieci anni da recuperare e voglio spendere il tempo che mi è stato destinato per creare e lasciare un piccolo segno, non per attendere le risposte di una Casa editrice o ascoltare i consigli di gente che ha solo lo scopo di farti sentire inadeguata.


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