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Immagine del redattoreElisabetta Scaramelli

MI TROVERAI NELLE MIE PAROLE

Sullo sfondo di una tamburellante Palermo attuale, nel loro trilocale di via Ruggero VII, Sara e Jacopo combattono una guerra silente fatta di porte sbattute e saluti smangiati, che a volte trabocca e muta in una guerra costruita con parole inconsulte, mortificanti, parole capaci di annientare Jacopo e alimentare la supremazia di Sara.


SARA E JACOPO, ELEMENTI DIVERSI E AVVERSI


Jacopo ha un sogno, ma Sara, ferrea e coriacea, cerca di distruggerlo sottostimando le sue capacità, il sogno stesso, attraverso un letale stillicidio di parole velenose. Jacopo è un uomo pacifico e ingenuo che preferisce sottomettersi anziché replicare, ma Sara, diversamente, già davanti alla porta di casa stabilisce il giorno del martirio di suo marito. Ed è proprio in uno di quei giorni selvaggi, dopo una giornata lavorativa difficile, che Sara decide di crocifiggere il povero Jacopo, ma questa volta è Jacopo a scrivere il finale della storia: esce e non fa ritorno.


Non vi era giorno in cui non si chiedessero quale forza incomprensibile e devastante avesse deciso di unirli. Jacopo e Sara erano come l’acqua e il fuoco, una coppia di elementi diversi e avversi, che si annullavano a vicenda prima di tornare a ignorarsi. Non era odio, era solo una strana forma di amore folle e incondizionato, un amore devoto, tuttavia logorante.

Sara è abituata a vedere rincasare il marito, sommesso e sottomesso, implorante, ma questa volta Jacopo delude le sue aspettative e Sara comprende che la vita senza di lui è terribilmente corrosiva e solitaria. La tenacia della donna in carriera si sgretola e Sara sente il bisogno di leggere i romanzi di Jacopo, attraverso i quali entra in contatto con la realtà dietro i silenzi, con la dimensione in cui Jacopo aveva trovato riparo, per non soccombere alle sue feroci accuse.


Quelle duecentocinquantamila parole le fecero compagnia. Attesero con lei l’alba sulla città che sbadigliava come una donna oziosa in riva al mare. Cercò di tenersi in equilibro sulla fune che dondolava nel cielo, tenuta da due nuvole paffute che portavano pioggia.

Sara si rende conto che tra quattro pareti bianche Jacopo ha indagato l'animo umano e attraverso questa indagine ha conosciuto se stesso, mentre lei, perennemente in movimento, perennemente fuori casa, non ricorda neanche i visi e i nomi di chi, giorno dopo giorno, incontra e ha incontrato.

Il dolore e la solitudine inducono Sara a intraprendere un viaggio attraverso alcune province siciliane e lungo questo girovagare si sforza di vedere il mondo con gli occhi di Jacopo. Osserva, trascrive su un quaderno le sensazioni trasmesse da ciò che vede, ma soprattutto ritrova Jacopo attraverso le sue parole e scopre il significato dell'empatia.


La storia di Sara e Jacopo è la storia di tante coppie incompatibili che non hanno il coraggio di lasciarsi perché lasciarsi vorrebbe dire rimpiangere, morire di solitudine, non trovare il capo del gomitolo da raccogliere. E' una storia drammatica che lascia un segno e fa riflettere. E' un'analisi dell'animo umano, una riflessione sul timore della solitudine, ma anche un viaggio malinconico attraverso alcune province siciliane che evocano ricordi.


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