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Immagine del redattoreElisabetta Scaramelli

TRAGODIA: La morte delle sirene

Aggiornamento: 10 ago 2022

Le sue orecchie erano piene di sussurri e note simili a quelle di un organo infausto. L’ovatta entrò nei timpani e soffocò le parole sventurate. Le labbra della sirena si aprivano e si chiudevano, sibilavano un invito seducente e pericoloso, e lui, sordo e atterrito, seguiva il movimento lieve di quelle braccia che smuovevano l’acqua grigiastra e senza luce, come quelle del moribondo che sta per perdere l’anima e si agita per scansare la morte.


La morte delle sirene è l'ultimo capitolo della trilogia Tragodia.

Rispetto ai primi due volumi, il terzo si snoda inizialmente in modo parallelo. E' senza dubbio un sequel, ma, prima che si sviluppi la trama che condurrà il lettore verso il finale dell'opera, racconta ciò che sta avvenendo lontano da quella Torino che ha fatto da sfondo a Il gelo nel cuore e Il figlio dentro.


LA TRAMA


Gennaio 1906, acque greche. Un uomo viene salvato dall'equipaggio di un mercantile di ritorno da Cipro e diretto a Messina, da cui partito. L'uomo è in condizioni disperate e buona parte dei marittimi teme che da un momento all'altro possa morire, ma il capitano si mostra vagamente ottimista, sebbene cerchi di nascondere ciò che prova.

Dopo aver affidato il malcapitato nelle mani del giovane Tano, senza rendersene conto, il capitano accende la pipa proprio vicino al degente. Ed è proprio quell'odore acre a scuotere l'animo dell'uomo, il quale precipita in uno stato di dormiveglia confuso e fatto di sogni astrusi e ricordi. Sussurra qualche parole con un filo di voce, giusto due parole che confermano la sua italianità.

Il monumentale capitano riuscirà bruscamente a svegliare il degente dal torpore e da quella sonnolenza che gli impedisce di essere vigile, riesce perfino a strappargli altre due parole, tra cui il nome - che in verità è un nome falso -, prima che l'uomo peggiori a due passi dal porto di Messina.

Salvarlo è diventata una missione. Il capitano Mimmo stabilisce che si occuperà di informare i parenti del malato, in caso sopravviva alla polmonite e in caso muoia a causa di questa. Tuttavia si vede costretto a lasciare ancora Messina, ma non prima di aver alloggiato il poveretto presso la casa in viale San Martino del dottor Lombardo.

Lombardo si occupa di lui amorevolmente, ma non riesce a convincerlo a spedire neanche un misero telegramma. Non riesce a scoprire nulla della sua vita passata, almeno all'inizio, quando il degente si mostra restio a parlare, come se nascondesse qualcosa. Ci vorrà la fine di febbraio prima che questi si decida a scrivere due righe più simili a un codice da decifrare, quel telegramma che ne Il figlio dentro aveva maciullato la testa già afflitta del commissario Ferraris.

Trascorso quel periodo di diffidenza e una volta guarito, il protagonista diventa consapevole che si trova in Sicilia, una terra aspramente giudicata perché legata a ricordi passati ma insepolti. Una sorta di malia oscura lo costringe ad allungare le sue radici, pertanto, anzichè tornare a Torino e dare sue notizie, si mette in viaggio verso la provincia di Catania, dove darà tutte le risposte che sua madre non gli aveva mai dato a proposito delle sue origini.

Qui si troverà immerso in un contesto magico, amorevole, diverso da ciò che aveva sempre immaginato. Incontra familiari che aveva conosciuto solo attraverso le fotografia smangiate e le lettere segrete di sua madre. Ma incontrerà anche qualcun altro: la sua ancora, la sua ultima speranza prima di precipitare dal traghetto l'anno precedente.

Il desiderio di mettersi alla ricerca di suo padre, che lo crede morto, e di ricongiungersi con i gli amici più cari gli stringe un cappio intorno al collo, ma qualcosa lo trattiene in Sicilia e attenta alla realizzazione dei suoi piani.


Il timbro di questo terzo volume cambia, come cambiano le stagioni.

La nebbia torinese diventa sole estivo. L'animo conturbato si fa sereno, malgrado gli elementi gotici e drammatici si intravedano in lontananza. La morte delle sirene è raddolcito da una trama dal finale lieto, che lava via l'ansia generata dal primo volume, nonché il linguaggio tagliente, che rifletteva il contesto vagamente soprannaturale.

Questa scelta è stata determinata dal raggruppamento delle opinioni dei lettori, i quali hanno espresso tutti il loro rammarico per il finale de Il gelo nel cuore. I miei lettori meritavano un po' di romanticismo e sono certa che La morte delle sirene li lascerà sbalorditi, malgrado abbia sparpagliato tracce e indizi nei primi due volumi.



LA SICILIA DI TRAGODIA


La Sicilia è citata più volte in Tragodia perché donna Maria, madre del protagonista (Il gelo nel cuore) era siciliana, una siciliana che aveva tagliato ogni legame con la sua terra, a causa di una vicenda che attraverso i flashback chiarisco in pillole, prima di renderla pienamente cristallina nel capitolo finale. La Sicilia viene raccontata con durezza, realisticamente. Ciò che ho scritto è stato preceduto da una ricerca storica, ma non escludo che ci sia qualche imperfezione. Ho preferito, in ogni caso, dare importanza alle vicende e, per non interrompere il ritmo di alcune scene, non addentrarmi troppo nelle minuzie, che avrebbero sicuramente inspessito e distratto il lettore dalla trama principale.

La Sicilia la racconto attraverso brevi riferimenti ai Fasci, al socialismo di fine ottocento, ai latifondisti schiavisti, ai rivoluzionari, ai corrotti, ai politicanti. Ma racconto anche di una terra magica, tremolante, affumicata dall'Etna, resa instabile dall'Etna; una terra di donne stanche e addolorate, di una donna che vuole espungere una tradizione di sottomissione e violenza. Racconto una Sicilia devota, legata ai culti, ma anche alla magia e alle antiche credenze, che si affida alla preghiera e nel contempo alla violenza, per compensare una Giustizia che non fa giustizia.


Ma laggiù l’unica autorità era la terra. Santino lo aveva trasportato come un sacco di patate fino ai confini delle terre dei Maenza e lo aveva seppellito senza neanche assicurarsi che fosse morto dopo il colpo di vanga sul cranio. Le sue buttane lo avrebbero atteso a lungo e inutilmente. Cuncettina forse avrebbe fiutato il suo tanfo e lo avrebbe compianto. Agatina avrebbe istigato il marito, forse avrebbe allertato qualcuno. Carmela avrebbe taciuto, perché il cenno di Santino era stato come l’amen del parrinu.



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